Categoria: Articoli, Articolo
TRASFERTE NON TRACCIATE? ESPROPRIO DALL’ERARIO
La trappola dei rimborsi spese: con la nuova Legge di Bilancio 2025, chi non traccia le spese paga doppio.
_______________________________________________________________________________________________________
La Legge di Bilancio 2025 introduce un’importante novità in materia di rimborsi spese a dipendenti, collaboratori e lavoratori autonomi, stabilendo l’obbligo di tracciabilità come condizione necessaria sia per l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente o di collaborazione (ad esempio dell’amministratore), sia per la deducibilità dei costi in capo all’impresa.
Dal 1° gennaio 2025, le spese per vitto, alloggio e trasporto tramite mezzi non di linea, se sostenute in occasione di trasferte fuori dal comune sede di lavoro e rimborsate dal datore di lavoro, non concorreranno alla formazione del reddito del dipendente o collaboratore solo se il pagamento è effettuato con strumenti tracciabili (bonifici bancari o postali, carte di credito, debito e prepagate, assegni bancari e circolari, …). Lo stesso requisito è imposto per la deduzione delle stesse spese in capo all’impresa.
La norma riguarda i rimborsi analitici, cioè a piè di lista, anche se qualche interprete la ritiene riferibile anche a quelli forfettari (ma non è chiaro come).
Ciò che desta maggiore perplessità è l’effetto combinato della nuova disciplina: in caso di spese non tracciate, l’Erario beneficia di una doppia imposizione: da un lato, il rimborso viene tassato come reddito in capo al dipendente o collaboratore, dall’altro, l’impresa non potrà dedurre il costo, aumentando così il proprio reddito imponibile.
Questa situazione appare in contrasto con il principio di divieto di doppia imposizione sancito dall’ordinamento italiano. Infatti, l’articolo 163 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) stabilisce che “la stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi”. Analogo principio è ribadito dall’articolo 67 del DPR 600/1973, che impedisce l’applicazione multipla della stessa imposta su un medesimo fatto imponibile. Vero è che le due norme parlano di “stessa imposta”, cosa che non sarebbe alla lettera in presenza di Irpef del dipendente o collaboratore e di IRES dell’impresa, ma si tratta di un chiaro principio del sistema, che discende dalla previsione costituzionale di cui all’art. 53 Cost.
Si consideri un dipendente che effettua una trasferta e sostiene una spesa di 100 euro per vitto o alloggio, pagata in contanti e successivamente rimborsata dall’azienda. In assenza di tracciabilità, l’importo del rimborso sarà tassato come reddito in capo al dipendente con un’aliquota IRPEF del 23%, a cui si aggiungono contributi previdenziali pari al 33% (di cui una parte a carico dell’azienda), determinando un prelievo totale di circa 56 euro. Parallelamente, l’azienda non potrà dedurre il costo, il che, considerando un’aliquota IRES del 24% e IRAP del 3,9%, comporterà un aggravio fiscale di circa 27,90 euro. Complessivamente, quindi, su una spesa reale di 100 euro, lo Stato incasserà oltre 83 euro tra imposte e contributi!
In conclusione, la nuova normativa che impone alle imprese un rigoroso rispetto della tracciabilità per evitare conseguenze fiscali penalizzanti determina una duplice penalizzazione in caso di inosservanza, il che solleva interrogativi sulla coerenza del sistema tributario e sulla reale equità della misura.
Il nostro Studio non dispone di strumenti miracolosi per eliminare le imposte dei suoi Clienti, ma è attentissimo a non far pagare mai oltre il giusto. Se cerchi un commercialista con questo spirito, contattaci!
Christian Penso