Scritto il 02 Mag 2024
Categoria: Articoli, Articolo

LA BUFERA SUL MERCATO AGRO ALIMENTARE DI PADOVA: UNA ANALISI INFORMATA DELLO SCANDALO DI TURNO.

(Può urtare la sensibilità degli amanti della giustizia).


“Falsi appalti di lavoro al Maap di Padova, denunciati trenta imprenditori. Ventinove le aziende coinvolte in quattro province venete. Il valore dei contratti era di 18 milioni di euro, comminate sanzioni per due milioni e mezzo” (RaiNews/Veneto)

“Bufera sul mercato agroalimentare di Padova, falsi appalti e 30 denunciati” (Il Gazzettino)

 

Siamo alle solite: titoli scandalistici basati su una nota della Guardia di Finanza (almeno questa volta è ufficiale e non è una fuga di notizie).

I giornali danno per fatto certo quel che ad oggi è solo una accusa, e fanno un acritico copia-incolla delle parole della GdF, per cui sarebbe “svelato”, “dimostrato”, “acclarato”, ciò che ad oggi è una ipotesi, una notizia unilaterale. E la riportano in modo anche confuso: chi ha davvero letto qualcosa oltre il titolo ci ha capito qualcosa?

Se qualcuno ha interesse a sapere cosa c’è dietro la gogna mediatica, ecco cos’ho capito io.

Ci sono due temi, intrecciati senza spiegazioni: uno riguarda rapporti di lavoro e l’altro è fiscale. I numeri clamorosi riguardano il versante fiscale.

Vediamo la questione giuslavoristica.

Moltissime ditte del Mercato Agro Alimentare di Padova hanno firmato negli scorsi anni contratti per ottenere servizi di pulizia e movimentazione merce nelle loro aziende, lavori svolti da operai a libro paga di alcune ditte esterne. C’è una normativa molto complicata che, per tutelare i lavoratori ed evitare che siano sfruttati, pone limiti molto forti a questo tipo di contratti (in altra sede si potrebbe anche discutere se siano troppo forti).

Gli imprenditori dell’ortomercato generalmente non sono avvocati o fini giuristi; sono gente che lavora tanto e che deve far funzionare le proprie aziende in condizioni difficilissime; non lo fanno per beneficienza, ma nemmeno per portare via niente a nessuno: ci fanno campare altre centinaia di famiglie. Vedranno le autorità competenti, speriamo con calma e lontano dalle grida forcaiole, se hanno sottovalutato le norme sul lavoro o no. Posso dire per certo, perché li consoco bene, che non sono persone inclini alle frodi e agli imbrogli, che anzi temono continuamente di essere messi fuori gioco da gabole che non conoscono, e sono esasperati dalla montagna di sabbia che il legislatore versa continuamente nei loro ingranaggi.

Un altro fatto concreto è che gli operai delle ditte appaltatrici avevano retribuzioni in linea con quelle degli altri operai delle aziende del mercato, e che i loro contributi sono stati versati: la GdF non ha contestato nulla su questo fronte. Niente caporalato o simili, insomma. Si dice solo che di fatto erano lavoratori “illecitamente somministrati”, cioè che non lavoravano per svolgere un servizio predeterminato ma erano di fatto pagati da una società per fare i dipendenti di un’altra.  Si vedrà se è proprio vero per tutti i dipendenti, per tutte le aziende e per tutto il tempo. Col solito sistema del fare di ogni erba un fascio, intanto ci hanno detto di sì.

Ora veniamo al tema fiscale, con i numeri da capogiro. Capogiro anzitutto per le aziende, perché a loro vengono chiesti, malcontati, 100.000€ per ogni operaio delle ditte di logistica che ha lavorato per loro nel quinquennio passato. Perché? Tenetevi forte, perché il vostro buon senso potrebbe essere fortemente disturbato. Seguite i passaggi.

La tesi è questa: se i contratti per i servizi di facchinaggio violavano alcune norme di diritto del lavoro (io uso il “se”, perché è ancora da verificare: non farò mai carriera nella GdF o in un giornale), allora quei contratti erano in frode alla legge. Alt! Mi sento di escludere che qualcuno avesse non dico intenzione, ma nemmeno consapevolezza di compiere alcuna frode, imbroglio nascosto o simili. Gli pareva una buona idea appoggiarsi a ditte esterne per alcuni lavori, e si sta vedendo se i lavoratori avevano diritto ad essere assunti da loro invece che dalle ditte appaltatrici, ma, mia opinione (robustissima) è che dipingerli come dei frodatori sia una maliziosa forzatura.

Passo successivo. Il contratto in frode alla legge è nullo. Di solito questo vuol dire che: primo,  ognuna delle parti può fare come non esistesse, e ad esempio chiedere indietro ciò che ha dato; secondo: che anche i terzi possono comportarsi come se i contratti non esistessero. Ad esempio, sempre se è tutto esatto, che gli operai potrebbero aver lavorato presso le ditte del mercato in assenza di contratto e quindi, in base ad altre norme, avrebbero diritto ad essere considerati dipendenti di queste. Contratto nullo, però, non vuol mai dire che non esiste o non è mai accaduto ciò che nel frattempo è stato fatto. I servizi ci sono stati, insomma.

Dalla tesi del contratto nullo a questo punto si fa un doppio salto mortale sul piano fiscale, e si sostiene che allora le fatture per il pagamento dei servizi sono state fatte senza contratto (mentre in realtà tutti erano certi di averlo, un contratto), e quindi (alé!) che erano false. Quando uno legge sul giornale “fatture false” è portato a pensare, se non glielo spiegano, che sono state inventate di sana pianta per ingannare qualcuno ed evadere qualche imposta. Ma qui non è così. Il lavoro è stato fatto ed è stato pagato. Sui corrispettivi le ditte appaltatrici hanno applicato l’Iva, e funziona così: il fornitore incassa l’Iva dal cliente, in questo caso la ditta del mercato, e la versa al Fisco. Nessuno ha contestato, che si sappia, che al Fisco quell’Iva non sia arrivata. Le ditte del mercato, poi, quell’iva se la sono “detratta”, cioè l’hanno portata in diminuzione dell’Iva che dovevano versare: non si tratta di un magheggio, ma del normale, normalissimo, funzionamento di questa imposta, sia pure complicato per i non addetti. Insomma con una mano hanno pagato l’Iva al fornitore, e con l’altra se la sono recuperata. Il sistema Iva funziona così, fino al consumatore finale, l’unico che paga il conto. Le ditte del mercato non ci hanno perso e non ci hanno guadagnato. E allora?

Beh, si dice, che le fatture non dovevano esserci perché non poteva esserci appalto, quindi erano false ,e quindi che le imprese non potevano detrarsi l’Iva. Si aggiunge un commento superfluo, per imbrogliare il lettore inesperto: che avrebbero fatto tutto questo cinema per commettere una frode fiscale, insomma per rubare l’Iva allo Stato, con l’inganno.

Ma ormai avete capito. Nessuno voleva ingannare. Casomai si discuterà della tutela dei lavoratori, ma nessuno ha portato via l’Iva, perché lo Stato l’ha già incassata. Da anni.

Ma anche senza conoscere le norme, se il risultato è che ora il Fisco chiede di restituire milioni di euro di Iva che ha già incassato, e ci aggiunge un carico anche più grande di sanzioni, e poi conclude con la segnalazione di una ipotesi di reato, non vi sembra che qualcosa non torni? Che le norme non possano davvero imporre questo?

OK, chi è arrivato fino a qui ha fatto fatica, perché capire le cose complicate a volte è faticoso, ma ha compreso che nel nostro Paese succedono cose assurde che ci vengono brutalmente semplificate in modo distorto sulla stampa, da chi non ha probabilmente capito un gran che, e niente ha spiegato.