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GRUPPI DI IMPRESE: HOLDING PERSE NELLA GIUNGLA NORMATIVA
Un rebus capire se certi interessi passivi siano deducibili ai fini Irap.
Una questione a dir poco di nicchia evidenzia la grandissima complessità del nostro ordinamento tributario, nel quale imprese ed esperti rischiano di commettere errori involontari.
L’Agenzia delle Entrate in questi giorni si è espressa (con la risposta n. 318 dell’8.05.2023) sugli effetti ai fini IRAP della registrazione, da parte delle holding industriali (più esattamente delle società di partecipazione non finanziaria), dei finanziamenti infragruppo col criterio del costo ammortizzato.
Per inquadrare la questione, bisogna ricordare che per i debiti che, al momento della registrazione iniziale, non sono produttivi di interessi (o che li producono ad un tasso significativamente inferiore a quello di mercato), occorre procedere con l’attualizzazione, cioè attualizzare al tasso di interesse di mercato i flussi finanziari futuri derivanti dal debito. La differenza tra la liquidità ricevuta e il valore attuale dei flussi finanziari futuri va registrata tra gli oneri o tra i proventi finanziari del Conto economico e di regola assume rilevanza anche fiscale.
Esiste tuttavia una norma (l’art. 5 comma 4-bis del DM 8 giugno 2011) dettata per i soggetti IAS adopter, la quale esclude la rilevanza fiscale di tali differenze nel caso di operazioni di finanziamento tra soggetti tra i quali sussiste un rapporto di controllo (art. 2359 del codice civile) nei casi in cui il finanziamento miri a rafforzare il patrimonio della società controllata.
Chi si è avventurato ad interpellare il Fisco (da cui la Risposta che stiamo commentando) riteneva che, ai fini IRAP, la contabilizzazione del finanziamento infruttifero secondo il criterio del costo ammortizzato (e, quindi, anche l’attualizzazione di prima iscrizione) trovasse riconoscimento in forza del principio di derivazione, indipendentemente dalla modalità di imputazione a bilancio dell’operazione di finanziamento. Chiedeva conseguentemente conferma che gli oneri finanziari figurativi sul finanziamento ricevuto dalla società controllante, contabilizzati nella voce C.17 del Conto economico, potessero essere dedotti ai fini IRAP nella misura del 96% del loro ammontare (ex art. 6 comma 9 del DLgs. 446/97).
L’Agenzia delle entrate, però, fa presente:
- che la norma dettata per i soggetti IAS adopter (il citato art. 5 comma 4-bis del DM 8 giugno 2011) impone che i componenti negativi di cui si tratta “non assumono rilevanza fiscale” in generale, e quindi non solo ai fini IRES, come chiaramente evidenziato nella relazione di accompagnamento della norma;
- che la stessa norma è applicabile anche ai soggetti OIC adopter per effetto di una norma di rango secondario (il Decreto Ministeriale 3.08.2017).
L’Agenzia conclude dunque che i citati interessi figurativi devono ritenersi interamente indeducibili.
Si noti che l’Agenzia non ha compiuto un reale sforzo interpretativo, ma ha semplicemente trovato l’ago nel pagliaio, cioè la norma correttamente applicabile in forza di rinvii normativi complessi e difficilmente individuabili (se non col senno di poi!).
Il nostro Studio è abituato a gestire la complessità del contesto giuridico nel quale devono muoversi le imprese e i gruppi. Se desiderate conoscerci o sottoporci quesiti fiscali o societari siamo disponibili per un video colloquio gratuito.
Christian Penso