Scritto il 03 Feb 2022
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FISCO SLEALE: LE NUOVE NORME SULLA RIVALUTAZIONE DI MARCHI E AVVIAMENTI

A bilanci chiusi e imposte pagate, il Fisco altera drasticamente la convenienza delle rivalutazioni.


Con mossa propria di un tiranno, e non degna di uno Stato democratico, la legge di Bilancio 2022 (la n. 234/2021) ha colpito le società che lo scorso anno hanno effettuato la rivalutazione o il riallineamento di marchi o avviamenti nel bilancio dell’esercizio 2020.

I contribuenti erano stati allettati dalla possibilità di rivalutare tali intangibili pagando una imposta del 3% (ai sensi dell’articolo 110 del Dl 104/2020), con la prospettiva di dedurre poi ammortamenti sui valori rivalutati in un massimo di 18 anni.

Una volta incassata la prima rata dell’imposta, però, il legislatore, ha valutato che l’operazione sarebbe stata troppo onerosa per le casse dello Stato, per cui ha cambiato le carte in tavola, e ha modificato retroattivamente il regime di rivalutazioni e riallineamenti di marchi e avviamenti, portando l’arco temporale delle deduzioni da 18 a 50 anni, insomma un lascito per i posteri. Così facendo, tra l’altro, si ignorano completamente gli effetti che l’allungamento sine die del tempo di ammortamento potrebbe causare sui bilanci delle imprese.

In un Paese civile, secondo noi, questo comportamento non è accettabile, e fa venire voglia di smontare le operazioni già chiuse. Si tratta di una opzione possibile: si potrebbe infatti chiedere il rimborso della rata già pagata (1% della rivalutazione) e revocare la valenza fiscale delle rivalutazioni e riallineamenti.

Il nostro Studio ha comunque effettuato varie simulazioni per valutare la convenienza tra le due ulteriori possibilità consentite (sino a nuovo ordine…) dalla legge:

lasciare la situazione com’è;

pagare un cospicuo supplemento di imposta (portandola dal 3% al 12-16% in funzione dell’ammontare dell’operazione) per poter continuare a dedurre gli ammortamenti in “soli” 18 anni.

I risultati sono piuttosto sorprendenti: se non si fa nulla il periodo di recupero dell’ ”investimento” costituito dall’imposta sulla rivalutazione rimane intorno ai 6 anni, mentre il tasso di rendimento rimane intorno al 24% annuo.

Non vale invece la pena di versare l’ulteriore e imprevisto balzello per il privilegio di una deduzione in 18 anni: il periodo di recupero dell’investimento sale, a seconda dei casi, a 9-10 anni, con un rendimento del 10-13%.

Dimentichiamo dunque questa opzione. Senza dubbio la scelta più conveniente è non fare nulla e tenersi l’oltraggioso ammortamento in 50 anni.

Il nostro Studio è disponibile per verificare gratuitamente nel vostro caso concreto quale sia l’opzione più conveniente.

Contattateci!

Christian Penso

studio@studiopenso.it