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TRANSFER PRICING, FINALMENTE OK I COMPARABILI CON PERDITE
La Cassazione demolisce un vecchio espediente del Fisco per mettere in fuori gioco le aziende
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I gruppi multinazionali si scontrano spesso con il Fisco sul terreno dei prezzi di trasferimento, perché la legge impone loro di praticare prezzi intercompany a livelli di mercato.
Il livello del prezzo di mercato, però, come dicono alcuni versi settecenteschi, “è come l’araba fenice: / che vi sia ciascun lo dice, / dove sia nessun lo sa”, per cui ogni anno c’è l’esigenza di trovare aziende simili, ma indipendenti, per confrontare i loro prezzi o margini di bilancio.
È proprio sulla selezione dei comparables che solitamente si riscontrano i maggiori disaccordi con i verificatori.
Il Fisco, che da controparte forte tende ad imporre i propri standard, ha sempre usato uno stratagemma irragionevole per alzare l’asticella a proprio favore, quando poteva trarne vantaggio: ha costantemente escluso dai campioni selezionati le imprese in perdita, escludendole artificiosamente dal concetto di mercato. Il risultato è ovvio: selezionando solo le aziende più performanti, le aziende italiane esportatrici vengono obbligate ad allineare i propri imponibili alla quota più alta del mercato.
Tutti gli esperti della materia sanno che si tratta di un criterio arbitrario, volto esclusivamente ad un obiettivo di cassa.
La Cassazione, per una volta dalla parte del contribuente, ha finalmente affrontato la questione, e messo fine all’uso dell’escamotage.
La Corte, infatti, afferma esplicitamente che, ai fini del transfer pricing, vanno considerate anche le imprese in perdita, purché questa rappresenti un evento fisiologico (sentenza n. 19512 del 16 luglio 2024).
Non si tratta di una concessione ai contribuenti, ma di una presa d’atto di quanto da anni scrivono le linee guida Ocse, le quali (paragrafi 1.59 e 3.43 ) non prevedono l’eliminazione tout court di società in perdita o con valori contabili ridotti o assenti, se tali risultati sono conseguiti al fine di ottenere risultati migliori negli anni futuri. L’OCSE cita alcuni casi quali le imprese in fase di avvio o le imprese fallite, per i quali occorre di volta in volta un giudizio volto ad appurare se si tratti di un caso fisiologico (per cui la perdita è valida) o patologico (per cui invece deve essere scartata).
In passato c’erano state, per la verità, varie sentenze di primo e secondo grado che avevano dato ragione al contribuente richiamando le linee guida Ocse (Commissione Regionale della Lombardia n. 1670 del 21 aprile 2015 e n. 3165 del 9 luglio 2015, Commissione Provinciale di Milano n. 1108 dell’8 febbraio 2016), ma il Fisco le aveva ignorate.
Ora che si è espressa la Cassazione, le imprese possono più facilmente pretendere dagli uffici un atteggiamento più corretto.
Il nostro Studio si dedica da anni al transfer pricing, portando le aziende a stipulare col Fisco accordi preventivi (APA unilaterali e bilaterali) o semplicemente occupandosi degli “oneri documentali”. Contattaci!
Christian Penso