Scritto il 30 Nov 2022
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Crypto: LA RIVALUTAZIONE DELLE CRIPTOVALUTE

Cos’è e a chi conviene.


La bozza della legge di bilancio 2023 prevede (all’art. 32) la possibilità di affrancamento delle cripto-attività.

Cosa vuol dire?

Un passo indietro: dal prossimo anno le plusvalenze su cripto-attività, cioè i differenziali positivi tra costo di acquisto e prezzo di cessione, costituiranno una nuova fattispecie di “redditi diversi” (disciplinata dalla nuova previsione della lettera c-sexies dell’art. 67 del Testo unico delle imposte sui redditi).

Questo significa che, ad esempio, al momento della vendita di una criptovaluta (ma, sembra, non nel caso di cambio con altra criptovaluta) occorrerà quantificare l’eventuale provento realizzato, confrontando il costo di acquisto con il prezzo di cessione.

Cercheremo nelle prossime settimane di capire come questo si potrà realizzare dal punto di vista operativo (per chi compie molte operazioni sembrerebbe molto complicato), ma intanto ci interessa prendere in esame l’affrancamento (cioè la rivalutazione): si tratta di un’opportunità per “azzerare il tassametro delle plusvalenze”.

Infatti, l’affrancamento consentirà di attribuire a ciascuna cripto-attività posseduta alla data del 1° gennaio 2023, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore corrente a tale data, versando un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 14% di tale valore, in tre rate annuali. Le future plusvalenze si calcoleranno pertanto a partire da tale importo (così anche le minusvalenze, che però non si potranno dedurre).

A chi conviene affrancare?

Da quando ci occupiamo della fiscalità di valute virtuali e di cripto assets in generale, abbiamo incontrato molte persone che diversi anni fa hanno investito in criptovalute, trovandosi nei momenti d’oro del settore ad avere un ragguardevole patrimonio per effetto degli spettacolari incrementi di valore che, in molti casi, hanno reso celebri le crypto anche ai profani. Oggi quei valori sono in larga parte svaniti, ma in alcuni casi rimane ancora qualche forte guadagno, che scoraggia i possessori a monetizzare, per timore di dover sopportare una tassazione del 26% sulle plusvalenze, che adesso è confermata dalla (progettata) nuovo disciplina.

Ebbene, a conti fatti, se il plusvalore maturato supera il 116,7% del costo storico, l’imposta sostitutiva del 14% del valore sarà più conveniente dell’imposta ordinaria del 26% sulla sola plusvalenza.

Ricordiamo che per chi non avesse ad oggi ancora mai indicato le cripto-attività nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi, l’affrancamento dovrà probabilmente accompagnarsi alla loro regolarizzazione (operazione prevista dalla stessa proposta di legge di bilancio, che nella presente formulazione lascia qualche perplessità).

Occorre naturalmente attendere per vedere se le proposte si tradurranno in legge, e soprattutto quali saranno le modalità operative.

I possessori di crypto seguano con noi i futuri sviluppi!

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Christian Penso