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La triste favola del valente ingenuo e del reato inconsapevole
Condanne penali inflitte a chi non ha fatto nulla di male, ovvero l’Italia dell’ ”avrebbe dovuto sapere, avrebbe dovuto prevedere”.
C’era una volta l’amministratore di una società.
Un certo anno, probabilmente come tutti i precedenti, egli presentò la dichiarazione Iva, dalla quale risultava un debito di imposta rilevante. Si badi bene: non aveva nascosto nulla. Ma poi non aveva versato l’imposta. Forse aveva il cuore malvagio, o più probabilmente non aveva quattrini: non lo sappiamo, ma sappiamo che di solito i veri amministratori malvagi ben conoscono che il Fisco legge le dichiarazioni Iva, e che fa di tutto per riscuotere le imposte dichiarate, per cui non dichiarano nulla se non hanno intenzione di pagare.
Fatto sta che costui nulla versò, e poi se ne andò.
Venne poi un valente imprenditore, che accettò di prendere il suo posto di amministratore.
L’ingenuo pensò che per gestire un’impresa con le casse vuote occorresse anzitutto occuparsi del business, e malvagiamente omise, come prima cosa, di esaminare le vecchie dichiarazioni fiscali, accettando consapevolmente, anzi quasi dolosamente, il rischio che qualcuno prima di lui avesse commesso orribili delitti.
Giunse anche per quell’uomo il 27 dicembre, quando occorre versare l’acconto Iva, e quando, soprattutto, occorre aver saldato l’Iva di due anni prima, altrimenti si commette reato.
Il valente ingenuo, però, non aveva un quattrino in cassa. Forse bussò alle porte dei soci, forse a quelle delle banche, ma o erano tutti a sciare o forse la sua impresa era così tapina che sarebbe stato inutile bussare a chicchessia per chiedere quattrini, tanto nessuno ne avrebbe prestati.
Fu così che, allo scoccare della mezzanotte di quel 27 dicembre, il valente ingenuo assunse, per legge, il titolo di delinquente.
Fu tosto scovato dal Fisco, accusato, infamato, processato: la colpa per l’omesso versamento dell’Iva su qualcuno doveva pur cadere, dissero i giudici, e visto che in giro era rimasto solo lui, fu con lui che se la presero. “Ma io sono buono, io non potevo farci proprio niente!”, provò a dire. “Versa quantomeno in una situazione di dolo eventuale”, gli risposero, e lo condannarono in via assoluta e definitiva a qualche annetto di meritata galera. (Cass. pen. 19.4.2017 n. 18834)
Morale: è meglio non intraprendere da soli e senza consiglio certe avventure, se si vive in un Paese complicato.
Christian Penso