Scritto il 15 Giu 2020
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I DIVIDENDI DELLE CONTROLLATE TEDESCHE NON SCONTANO IRES

Le società italiane non assoggettano all’imposta sui redditi nemmeno il 5% degli utili percepiti, purché la partecipazione sia superiore al 25%.

 

I dividendi percepiti dalle società sono di norma esclusi dalla formazione del reddito per il 95% del loro ammontare. Sono cioè imponibili nella misura del 5%, il che è come dire che, essendo l’aliquota IRES pari al 24%, la loro tassazione avviene con un’aliquota dell’1,2%.

Questa è la regola del Testo unico delle imposte sui redditi, che  trova eccezione per i dividendi provenienti da Paesi a regime fiscale privilegiato, tassati per intero.

Pochi sanno, però, che vi è un’altra eccezione, in senso stavolta più favorevole, all’interno dell’Unione europea: si tratta dei dividendi provenienti da una controllata di diritto tedesco.

Per identificare le modalità di tassazione in tale particolare ipotesi, occorre guardare fuori dal Testo unico delle imposte sui redditi, e fare invece riferimento alle disposizioni sancite a livello convenzionale.

L’articolo 24 della Convenzione internazionale stipulata tra la Repubblica Italiana e la Repubblica federale di Germania per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e prevenire le evasioni fiscali, riferito alle regole di tassazione dei dividendi, prevede al paragrafo 2 che:

– se un residente della Repubblica italiana riceve elementi di reddito imponibili nella Repubblica federale di Germania, la Repubblica italiana, nel calcolare le proprie imposte sul reddito, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che altre espresse disposizioni della stessa Convenzione non stabiliscano diversamente;

sono esclusi dalla base imponibile delle imposte italiane i redditi derivanti dalla percezione dei dividendi pagati ad una società, diversa da una società di persone, residente in Italia da parte di una società residente nella Repubblica federale di Germania, il cui capitale sociale è direttamente detenuto per almeno il 25% dalla società italiana.

In alcune occasioni, però, l’Agenzia delle entrate ha affermato che la Convenzione internazionale non si occupa della doppia imposizione economica ma solo di quella giuridica, che è esclusa nei casi in cui i dividendi non siano tassati in uscita in Germania, dove non è imposta alcuna ritenuta fiscale in applicazione della normativa comunitaria. E ha pertanto sanzionato i contribuenti che avevano ben letto la Convenzione.

Ma l’Agenzia sbaglia. La norma pattizia (il già citato articolo 24, paragrafo 2, capoverso b della Convenzione Italia – Germania) deve essere interpretata, anche alla stregua del modello di Convenzione Ocse e del relativo Commentario agli articolo 23A e 23B di quest’ultimo, come comprensiva anche della doppia imposizione economica internazionale, cioè la duplice tassazione, ad opera di imposte analoghe, da parte di due Stati, della medesima capacità economica in capo a due soggetti distinti, e, in particolare, della c.d. “imposizione economica a catena” che si verifica qualora i beneficiari dei dividendi siano società che, a loro volta, distribuiscono dividendi.

La norma infatti non esprime alcuna condizione per l’esclusione dal reddito, e dunque se ne deve dedurre che l’esenzione dall’imposizione in Italia del dividendo in entrata, prevista dall’articolo 24 della Convenzione internazionale, ha la funzione anche di evitare il concretizzarsi della doppia tassazione della medesima ricchezza, ancorché in capo a due soggetti giuridicamente distinti dello stesso gruppo economico, da parte di due Stati diversi.

Ne consegue l’esclusione dalla base imponibile di una società italiana dei dividendi erogati da una sua partecipata tedesca nella quale possieda almeno il 25% del capitale.

Tale conclusione è stata confermata anche dalla suprema Corte di cassazione con la recente sentenza n. 30140/2019, pubblicata il 20.11.2019.

Secondo la suprema Corte, che ha accolto la tesi del contribuente, l’interpretazione letterale delle disposizioni convenzionali fa ritenere che l’esclusione dalla base imponibile delle imposte italiane dei redditi derivanti dai dividendi pagati ad una società residente della Repubblica italiana, da parte di una società residente della Repubblica federale di Germania, il cui capitale sociale è direttamente detenuto per almeno il 25% dalla società italiana, è espressa dalla norma convenzionale in termini incondizionati, e non risulta correlata all’ipotetico ulteriore presupposto della doppia imposizione giuridica, nella specie della contemporanea imposizione alla fonte sugli stessi dividendi da parte dello Stato tedesco.

Sin qui le considerazioni giuridiche.

Gli imprenditori devono poi fare sempre i conti con l’ambiente avverso nel quale si muovono, ed essere consapevoli che l’Agenzia delle entrate in alcuni casi continua a contestare la detassazione dei dividendi tedeschi.

Il nostro Studio può aiutarvi a presentare Interpello, e sottoporre la questione all’Agenzia delle entrate in anticipo, ed evitare brutte sorprese.

 

Christian Penso