Scritto il 28 Apr 2022
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CRIPTOVALUTE E OMESSO RW: LA TRANQUILLITÀ È A PORTATA DI MANO

Mettersi in regola per il passato ha un costo limitato. Perché rischiare accertamenti?


Non è raro sentire appassionati di criptovalute che solo dopo qualche anno di trading si pongono il problema delle conseguenze fiscali della loro attività.

Possedere valute virtuali comporta l’obbligo di indicarle nella dichiarazione dei redditi (quadro RW, e, sopra una certa soglia anche quadro RT per plus/minusvalenze).

Nonostante si legga spesso che non ci sono norme tributarie che menzionino espressamente tali strumenti, occorre avere presente che le leggi sono generali, e non è necessario che prevedano sempre ogni dettaglio. Sarebbe illusorio ignorare che l’orientamento consolidato dell’Agenzia delle entrate, e della prima giurisprudenza che si sta formando, è nel senso di assimilare le valute virtuali alle valute straniere, che vanno dichiarate.

Cosa può succedere se da anni si possiedono criptovalute e non si è mai fatto così?

Il contribuente che non provveda al monitoraggio fiscale nel quadro RW delle attività finanziarie detenute all’estero (tra le quali il Fisco include appunto le criptovalute), è soggetto ad una sanzione dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati (art. 5 del D.L. 167/90).

La sanzione raddoppia, andando quindi dal 6% al 30%, se la comunicazione omessa riguarda wallet detenuti in Stati in black list.

Un wallet non dichiarato del controvalore di 10.000 € detenuto, ad esempio, in Italia o negli USA, espone dunque ad una sanzione compresa tra 300€ e 1.500€ l’anno.

Tutto qui?

“Nì”.

In generale, se l’Agenzia delle Entrate scopre che un contribuente dispone di una somma non giustificata, in alcuni casi la tratta come reddito non dichiarato, e pretende di assoggettarla a tassazione.

I 10.000€ nel wallet occultato al Fisco rischiano quindi di scontare anche IRPEF e relative sanzioni, con un conto che salirebbe dai 300€ ai 5-6000€ circa.

Questa presunzione di reddito è automatica se i wallet sono in Paesi a fiscalità privilegiata, mentre negli altri casi impone qualche sforzo in più al Fisco.

Ma perché rischiare?

Se una dichiarazione dei redditi è comunque stata presentata, “ravvedere” il passato costerebbe, nel nostro esempio, circa 40€ di sanzione per ogni anno, oltre al tempo di chi si occupa della regolarizzazione.

La tranquillità, insomma, è a portata di mano.

Il nostro Studio può occuparsi di ricostruire ed esaminare la vostra situazione passata, vedere se ci sono irregolarità da sanare, stimare i costi della regolarizzazione ed eseguirla.

Contattateci!

 

Christian Penso