Scritto il 15 Gen 2019
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PIÙ LIMITI AL CONSOLIDATO FISCALE TRANSNAZIONALE.

L’avvocatura della UE pone limiti all’utilizzo delle perdite.

Il filone giurisprudenziale che si è recentemente sviluppato sul tema dell’utilizzo delle perdite fiscali prodotte da entità estere del gruppo nell’ambito del consolidato fiscale trasnazionale si è arricchito di ulteriori ed interessanti interventi, rappresentati dalle Conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia dell’Unione europea relative alle cause C-607/17 e C-608/17.

In termini generali, la Corte di Giustizia ha stabilito, che contrastano con il diritto comunitario (nella fattispecie, con l’art. 49 del Trattato di funzionamento dell’Unione in materia di libertà di stabilimento) le legislazioni degli Stati membri che prevedono l’impossibilità di consolidare i risultati negativi delle controllate e delle stabili organizzazioni estere.

Il principio è poi stato meglio precisato nella sentenza del 12 giugno 2018 relativa alla causa C-650/16  (Bevola, Jens W. Trock) e nella sentenza del 4 luglio 2018 relativa alla causa C-28/17 (NN A/S), secondo le quali la deduzione delle perdite da parte della casa madre estera è possibile solo nel momento in cui ne vengono esaurite nello Stato di localizzazione della controllata o della branch tutte le modalità di compensazione.

Le Conclusioni relative alle cause in commento specificano meglio questo carattere “definitivo” delle perdite e, quindi, le condizioni perché esse possano essere portate a riduzione del reddito della controllante nel momento in cui ne venga accertata l’irrecuperabilità nello Stato membro in cui sono state prodotte.

Iniziando dalla causa C-608/17, questa è scaturita dall’istanza prodotta dalla capogruppo svedese con una controllata diretta in Spagna, ma riguarda le perdite prodotte non da questa controllata diretta, bensì da una controllata di secondo livello (una società, anch’essa spagnola, controllata dalla subholding spagnola della capogruppo) la quale era stata liquidata a titolo definitivo.

L’Avvocato generale stabilisce, al punto 8 delle Conclusioni, che si considerano definitive, e quindi potenzialmente scomputabili dalla capogruppo localizzata in un altro Stato membro, le perdite inutilizzabili non solo dal soggetto che le ha prodotte, ma anche da un qualsiasi altro soggetto stabilito nel medesimo Stato.

Sulla base di queste premesse, l’Avvocato generale precisa che, ai fini della deducibilità transfrontaliera della perdita, il soggetto controllato che l’ha prodotta deve essere partecipato direttamente, e non deve quindi essere una controllata indiretta, al fine di evitare potenziali fenomeni di “circolazione” delle perdite fiscali con conseguenti rischi per l’Erario degli Stati coinvolti.

I punti probabilmente più delicati del documento sono quelli in cui esso afferma: – da un lato, che non tutte le perdite residue debbano necessariamente essere_utilizzate; – dall’altro, che nel caso in esame le perdite residue avrebbero potuto essere utilizzate  cedendo l’azienda e compensando le perdite con le eventuali plusvalenze realizzate: per cui osterebbe la scelta operata in favore della liquidazione della società.

Nelle Conclusioni relative alla causa C-607/17 i principi sono di tenore sostanzialmente similare, anche se la situazione presa in considerazione è quella di una fusione per incorporazione di una società tedesca nella sua controllante danese, con impossibilità di fare valere in Germania le perdite fiscali residue.

Anche in questo caso, i punti 77-79 delle Conclusioni specificano che, ai fini del riconoscimento del carattere “definitivo” della perdita, e del conseguente e potenziale trasferimento della stessa alla controllante estera, occorre che lo Stato dove le perdite sono state prodotte ne consenta giuridicamente la compensazione e che la società abbia infruttuosamente “battuto” tutte le strade per arrivare a questo obiettivo.

Il fatto che queste perdite non siano state utilizzate nel contesto di una cessione a titolo oneroso a terzi degli attivi, oppure di una fusione con un’altra società tedesca, escluderebbe un loro trasferimento alla propria controllante estera.

Davide Zoccarato