“Crypto” o “cripto” deriva da una parola greca che significa “nascosto”, “coperto”, ma ciò non può indurre a ritenere che i guadagni legati ai criptoassets (criptovalute, DeFi, Cripto Art, NFT, attività di mining o di staking) possano rimanere nascosti al Fisco.
In realtà, anche trascurando il fatto che ogni blockchain è un registro pubblico (perché è accessibile su internet a chiunque), l’amministrazione finanziaria è perfettamente in grado di intercettare il momento in cui le somme rientrano nel circuito della moneta tradizionale (“FIAT”) per essere spese o reinvestite.
Dal 2023 è applicabile una disciplina fiscale specifica per le cripto-attività.
Anzitutto, il semplice possesso di cripto-attività (a partire dalle valute virtuali) comporta l’obbligo di dichiarazione ai fini del “monitoraggio fiscale” (nel quadro RW) indipendentemente dall’importo posseduto.
Inoltre, i proventi realizzati tramite la compravendita, la permuta o anche la semplice detenzione
di cripto-attività di ogni tipo sono imponibili quali “redditi diversi” (art. 67 TUIR, comma 1 lett. c-sexies), se sono pari o superiori, nell’anno, a 2.000 €.
In alcuni casi poi, soprattutto per chi compra e vende gli NFT, potrebbe anche essere necessario possedere la Partita Iva.
Se cerchi un commercialista esperto in criptovalute, il nostro Studio può aiutarti a capire il corretto regime fiscale della tua attività, e ad essere in regola con la dichiarazione dei redditi, occupandosi anche solo dei quadri interessati dal mondo cripto (RW e, in alcuni casi, RT).